Il 144
Gli Esseni insegnavano che tutti gli umani avevano un corpo di terra, un corpo d’acqua, uno di fuoco, e così via… e che si potevano contarne fino a sette; insegnavano che questi corpi erano vere e proprie entità, con i loro appetiti, le loro speranze, e che si associavano a due a due…
Dicevano anche che i primi tre erano contemporaneamente maschio e femmina nelle loro tendenze, e che l’ultimo, detto «gioiello di Sheba», li comprendeva tutti, coronandoli come «centoquarantaquattromila diamanti».
Il linguaggio simbolico, che allude a gioielli e diamanti, non deve fuorviare, ma deve aiutare il neofita a comprendere e ricordare utilizzando la forza del “simbolo”.
Gli Esseni erano in grado di vedere l’Aura, il guscio di Luce nel centro del quale ogni individuo si muove. Quel campo elettromagnetico colorato più o meno ampio e vivo, a seconda dello stato d’animo e di salute del “proprietario”. Molte delle loro terapie avevano lo scopo di ripulire del tutto le «fiammelle», che era il nome che, all’epoca, si utilizzava per riferirsi ai sette chakra e i corpi sottili a cui essi corrispondono.
Le conoscenze che gli Esseni avevano ed utilizzavano avevano una matrice completamente Egiziana e facevano parte dell’antica arte alchemica e taumaturgica di «Khemi». Gli antichi egizi chiamavano il loro paese "Khemi", parola che, nella loro lingua, significava "terra nera" per indicare il benefico limo trasportato dalle piene del Nilo, che dava loro la possibilità di coltivare, sostentarsi ed ottenere vita dal deserto. Anche se tale collegamento, cioè il riferimento con il Nilo, è solo superficiale e non profondo.
La Terra Nera ha anche un chiaro riferimento al luogo dove si operava l’alchimia. Chi conosce la Nobile Arte sa che “il nero” è il primo risultato di certe operazioni alchemiche… E’ quindi interessante anche collegare il nome dell’antico Egitto con il termine stesso della Grande Opera.
Per gli egizi del tempo quindi, il nome della loro terra rimaneva "Khemi" e gli arabi musulmani che presero possesso del paese dopo il disfacimento dell'Impero Romano, assunsero questo nome come simbolo di cultura e conoscenza, che, preceduto dall'articolo arabo "al", divenne "Al-Khemi".
Con la successiva invasione della Spagna dei Mori, questo nome giunse in Europa a caratterizzare la ricerca, diventando Alchimia.
Non per nulla il mitico fondatore delle pratiche alchemiche, Ermete Trismegisto, viene identificato con la figura di Imhotep, gran vizir, farmacista, medico, ricercatore ed architetto, costruttore della prima piramide a gradoni per il Faraone Djoser e che venne poi deificato. Successivamente, il nome "Alchimia" si tramutò in "Chimica".
Gli antichi egizi, grazie all’opera di Ermete, o anche chiamato «Thot» ereditarono la loro conoscenza occulta da ciò che rimase (della vastissima conoscenza) dello splendente continente atlantideo prima della sua totale distruzione. Il livello di tecnologia spirituale e conoscenze occulte nell’antica Atlantide toccò il suo splendore quasi 30.000 anni fa, e moltissimi esseri umani sulla «Via del Ritorno alla Casa del Padre», grazie all’Insegnamento Spirituale e le possibilità offerte in quel "punto dello spazio-tempo" del continente atlantideo, raggiungevano la “liberazione” dalla schiavitù della materia in modo assai più rapido di questa decadente Era dei Pesci.
Ricordiamoci sempre che tutti coloro che hanno ottenuto “la liberazione” e agiscono da un Piano di totale ricollegamento con lo Spirito, sono chiamati »Maestri della Grande Loggia Bianca» (o anche Gerarchia Spirituale del Pianeta Terra) e lavorano continuamente, lungo il corso delle Ere, al Servizio del Bene e dell’Umanità.
Ora chiediamoci…
Perché l’ultimo corpo sottile, anche definito «Aura di Vitalità Divina» che corrisponde a stati di coscienza umana definiti “cristici” e “buddhici”, cioè che riassumono il potere dell’Amore totale e della completa Conoscenza, era definito dagli Esseni “gioiello di Sheba”? E perché questo gioiello ha centoquarantaquattromila diamanti?
I 7 chakra, o fiammelle divine, situati nel corpo eterico dell’uomo, sono rappresentati come dei loti (fiori) ognuno con una colorazione diversa e un numero di petali che simboleggiano un’espressione di forza e il loro effetto nella materia. Ognuno di essi ha un collegamento con uno dei corpi dell’aura umana.
l. Base della spina dorsale – 4 petali
2. Centro sacrale- 6 petali
3. Centro del plesso solare – 10 petali
Diaframma
4. Centro del cuore – 12 petali
5. Centro della gola – 16 petali
6. Centro fra le sopracciglia – 2 petali
7. Centro della testa – 1000 petali
Il sesto chakra, chiamato in sanscrito “Ajna” e spesso definito “terzo occhio” ha due petali solamente e simboleggia l’opera di unificazione dell’Anima con la personalità (chiamata dagli psicologi “Ego”), del soggettivo con l’oggettivo. Il 2 che diventa uno. Il simbolismo è chiaro: due petali ma un solo chakra…
In alcuni libri di occultismo esso è chiamato «il loto dai novantasei petali», e qui si tratta di svelarne il segreto. Occorre notare che il numero complessivo dei petali dei primi centri (esclusi i due della testa) ammonta a quarantotto (48). Queste energie, nel loro duplice aspetto d’energia vitale fisica (personalità) e qualità dell’anima, costituiscono le novantasei vibrazioni dei due petali del centro fra le sopracciglia o Ajna.
6 + 10 + 12 + 16 = 48
I cinque chakra con i loro quarantotto petali sono quindi sintetizzati nel loto a due petali. Se facciamo 48 + 2 fa 50, il numero della personalità perfetta, poiché secondo la numerologia pitagorica 5 è il numero dell’uomo (si pensi alla Stella a Cinque Punte, o al fatto che il 2 è femminile e il 3 è maschile, e il 5 è l'uomo che riunisce questa dualità in sé) e 10 il simbolo della Perfezione Totale.
Simbolicamente, se addizioniamo i quarantotto petali dei cinque centri ai novantasei petali del centro fra le sopracciglia otteniamo centoquarantaquattro.
48 + 96 = 144
Questo numero significa l’opera completata delle “dodici gerarchie creative”, dodici volte dodici, ossia l’unione e unificazione perfetta dell’anima soggettiva e del corpo oggettivo. Si pensi alla progressione di Fibonacci, rappresentativa dell'opera di Dio che porta progressivamente la creazione verso la sua armonia e perfezione: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144.
Se al numero centoquarantaquattro facciamo seguire i mille petali del loto nel centro della testa:
144 x 1000 = 144.000
avremo il numero di coloro che si salveranno (parlando simbolicamente), secondo la profezia dell’Apocalisse, i 144.000 che potranno stare al cospetto di Dio, poiché le prime tre cifre indicano la personalità. Quando l’uomo avrà completato la grande opera in se stesso e vedrà il numero centoquarantaquattro come simbolo del suo conseguimento, egli potrà stare al cospetto di Dio.
Tutta la simbologia numerologica, anatomica e sottile si riferisce al lungo, lento, graduale sviluppo dei Chakra nel corso delle numerose incarnazioni dell’anima individuale. Bisogna tener presente che non è l’Anima che acquisisce conoscenza e si sviluppa, ma è la «coscienza umana», nel suo viaggio terrestre, che evolve e si risveglia. Essa è guidata dall’Anima che è uno Spirito fatto di Amore e Infinita Saggezza che ha scelto di guidarlo nel Suo cammino di Ritorno fino ad un preciso momento.
Quel momento della Grande Opera Alchemica individuale segna un passaggio importantissimo, e avviene dopo intere vite dedicate al Servizio per il prossimo, lo sforzo volenteroso di superare tutte le prove della Vita, lo studio della Saggezza Eterna, lo sviluppo dei Centri, la Gioia della Condivisione, l’Amore per il Bene e per il Bello, la Saggezza e il Dono di sé come strumento di Amore per il mondo e per tutti i ricercatori.
In un certo momento, nel corso delle vite di tale iniziato, la Coscienza, già identificata pienamente con l’Anima e avendo trasceso in maniera totale la personalità, viene riconsegnata al puro Spirito: la «Monade» spirituale; Essa fa di tale umano un membro effettivo dei Maestri dell’Umanità al Servizio del Mondo. Costui vive la liberazione finale da tutto il karma generato nei milioni di vita umana, la “consegna” di tutto il Potere mentale e spirituale per poter agire nel mondo quale strumento positivo di attuazione del Piano Divino e la libertà di potersi manifestare nel mondo della materia senza la necessità di incarnazione tramite un veicolo fisico femminile e la nascita umana tramite grembo, ma creando “un corpo” denso al momento del bisogno, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento.